mercoledì 30 novembre 2011

Mito bekrijo

Era sera e si preannunciava una notte senza luna, di quelle in cui si sarebbe potuto dormire per sempre, senza luci ad ancorarci alla realtà, senza rumori, ché neppure gli animali sarebbero andati a caccia in una notte come quella. In una notte di luna nera, con il silenzio del mondo a farle compagnia, una ragazza stava appoggiata sul davanzale aspettando. Cosa attendesse quella sera era ignoto ai più, meno che a coloro che conoscevano i segreti del suo cuore. Ella s’era perduta in un sogno di vero amore per un uomo inafferrabile come la rugiada, sfuggente come il vento fantasioso, che ti lascia le mani umide e i capelli scompigliati, ma senza altro che il ricordo di ciò che è stato. Lui non era cattivo o infedele, solo che la natura lo aveva dipinto così il quadro della sua persona: una solida base di colore, un bel giallo sole e verde prato cinti da un azzurro cielo, un tocco di fascino, una pennellata di acume, tanto rosso amore per la vita, un movimento strano del pennello che segnava l’irrequietezza del suo cuore e la sincerità del quadro stesso non celava segreti circa le sue passioni. Molto tempo prima, mentre al fanciulla passeggiava per i campi raccogliendo mazzi di fiori primaverili, quei piccoli bellissimi fiori che la primavera regala al suo principio, per poi perdersi nell’estasi multicolore dell’estate, si erano incontrati. Lui tornava da uno dei suoi viaggi, o per meglio dire dei suoi vagabondaggi, visto che nessuno di questi aveva una meta certa, ma si affidava alle passioni del suo cuore: potevano durare un’ora come un anno, andare dietro casa come fare il giro del mondo. I suoi occhi cambiavano ogni volta, arricchiti delle luci che conosceva, dagli incontri che faceva, dalle esperienze che viveva. Fatto sta che galeotto fu quel prato, i suoi occhi, il profumo di lei, le ore passate a chiacchierare dei vagabondaggi di lui e della mente zingara di lei, cantando insieme sotto il sole canzoni in altre lingue di altri popoli. Forse fu anche quell’unico bacio a suggellare quel patto segreto siglato in un fiume di parole, tocchi leggeri e sguardi. Forse fu anche il profumo dei fiori della prima primavera o le strane luci del pomeriggio. Lui l’accompagnò a casa e scoprirono di vivere in quartieri diversi della stessa città, di condividere spazi, vie, mercati e caffè della stessa città. La fanciulla quando fu infine nuovamente sola sentiva di provare un amore così profondo per il giovane, che avrebbe dato tutta se stessa per il loro amore. Lui tornò il giorno dopo e quello dopo ancora e così per molti giorni e molte sere; tornava da lei ogni volta che finiva uno dei suoi giri vagabondi, finché un giorno le promise che in una notte silenziosa sarebbe andato da lei a prenderla per portarla con lui per il mondo. Lei ogni sera si metteva alla finestra ad attenderlo finché il sonno non la conduceva verso il letto, abbandonando la sua attesa. Lui dal canto suo, ogni sera, dopo essere stato con lei, andava dai suoi amici, gli amici di sempre, a chiacchierare dei loro sogni, dei loro viaggi, delle avventure che avevano vissuto. Si sa che i veri amici quando si incontrano possono passare giorni interi a chiacchierare, ridere e scherzare senza accorgersi che il tempo passa. Ogni sera, quando si trovavano, univano il tramonto all’alba cantando, bevendo in compagnia, suonando, chiacchierando e ballando tutti insieme. Ogni alba era più lontana dal primo tramonto, ed ogni luna era più silenziosa della precedente. Ogni mattino una nuova ruga si alzava sul loro viso, lasciando nel letto uno stralcio di gioventù. Fu così che tra viaggi, suoni, vino, racconti di avventure, il cuore sincero e ballerino di lui tradì l’amore candido di lei, senza volere, senza cattiveria, ma con la più semplice verità di se stessi. Quella sera lei era alla finestra nella silenziosa notte senza luna e lui rideva e scherzava con i suoi amici, con il cuore gonfio di amore per lei e per le avventure che si nascondevano ancora nel mondo, per i segreti che il suo cuore bramava scoprire, le luci che i suoi occhi volevano ancora osservare. Finché un giorno i primi fiori della primavera appassirono per sempre e la finestra rimase chiusa nella notte. Da quella notte lui non avrebbe conosciuto più canzoni, il suo bicchiere sarebbe stato vuoto e le uniche avventure che avrebbe sognato sarebbero state quelle che aveva ormai perduto…

Ponoć već je prošla,
vreme da se spije,
Srce još je budno, davnu želju krije.
Ej, kraj pendžera stojim,
Čekam da ti vrata otvorim.

Ref.
Zašto dušo ne dođeš
Da me kući povedeš,
Da ti svoje srce predam,
Da ti staru majku gledam,
Mito, mito bekrijo.

Zašto dušo ne dođeš
Da me kući povedeš,
Da ti svoje srce predam,
Da ti staru majku gledam,
Mito, mito bekrijo.

Obeć'o si mito da ćeš jedne noći,
Kad se varoš smiri, ti po mene doći.
Ej, mladost pusta prođe,
Mito, ti po mene ne dođe.

Ref.

Sa drugari svoji po me'ane odiš,
S'vino i sa pesma noći ti provodiš.
Ej, cveće tvoje belo,
Već je čekajući uvelo.

Ref.

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