Quella che mi accingo a narrare è la storia di quattro gentiluomini di ventura di origini diverse e nazionalità confuse.
Questa è la storia di uomini partiti per un viaggio oltre mare in cerca di fortuna e gloria.
Vi racconterò cosa avvenne in quei giorni in cui gloria e potere si mischiarono al suono della salsa e del merengue, così vicini all’equatore e così lontani da casa.
Questo viaggio comincia in una notte di primavera a Roma, quando il ponentino soffia e spazza via il freddo dell’inverno, i grilli cominciano a cantare e i fiori a sbocciare.
L’amore a Roma, si sa, si semina in autunno e si raccoglie alla fine della primavera.
Partire.
Preparo la valigia sperando di non dimenticare nulla. Uno zainetto con il necessaire casomai mi perdessero il bagaglio come quella volta a Londra, quando rimasi senza valigia sotto la pioggia e dovetti risolvere alla meglio. Un po’ di training autogeno per rilassarsi al pensiero dei tanti voli aerei previsti e degli atterraggi che odio. Due libri nuovi ed uno da finire per superare il lungo viaggio.Terzani e Chatwin oltre al buon Richler con la sua Versione. Spero di arrivare a conoscere la terza moglie di Barney stavolta, anche se Miriam è sempre presente nell’autobiografia di questo trasandato signore con tanti soldi e poco amore che sembra la versione invecchiata del Giovane Holden che ha catturato l’immaginazione della mia infanzia. Andiamo a conoscere il centro america e il Mar dei Carabi, scenario delle avventure di Salgari, dell’Olonese e presto anche mie e dei miei compagni di viaggio. Qualcuno di loro lo conosco meglio e qualcuno per nulla, ma penso che questa sia l’occasione per saper di loro e capire se le mie impressioni siano corrette o meno. Argento è un avventuriero di professione, ha scelto il rischio come missione di vita, ama vivere e l’ambizione domina le sue azioni. Forse è un po’ il leader tra i suoi. Forte è l’uomo dai piedi di piombo, attratto ed affascinato dai racconti di viaggiatori che tornano dai mari del Sud con valige colme di perle, pietre preziose e profumi di ogni sorta, ma da solo non avrebbe mai preso il mare. Ha un po’ scordato come si fa a vivere, perso nella routine del quotidiano. Avrà tempo per ricordarselo durante questo viaggio. Picchio è un uomo che non ha mai lasciato morire del tutto il bimbo che rechiamo dentro di noi, anzi, l’anima fanciullesca regna nel suo carattere e nel suo atteggiamento. E’ partito con lo spirito di chi va a giocare a calcio con gli amici. La sua particolarità è la sua doppiezza. Dietro la maschera di adolescente mai cresciuto si nasconde un metodico amministrativo che, degno del volatile di cui porta il nome, persiste nelle proprie intenzioni sinché non raggiunge il risultato che si è prefissato. La prima sessione di voli aerei si preannuncia lunga ed estenuante: Roma, Madrid, Miami, San Pedro de Sula, Tegucigalpa. Poi Salvador, Panama, Madrid e di nuovo Roma. Ci ho messo troppo per scrivere solo le tappe del viaggio. Sono già stanco!
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno primo.
Dopo una notte insonne trascorsa in compagnia di una zanzara molto fastidiosa, alle 5.15 squilla la sveglia obbligandomi alla levataccia. Mi vesto con gli occhi a mezz’asta, ciondolando tra il bagno e la valigia. Mi scolo una caffettiera da tre nella speranza di svegliarmi abbastanza per arrivare all’aeroporto. Chiudo casa e vado a prendere un taxi. Quaranta euro di tariffa fissa e un tassinaro che mi parla della crisi e del trend economico mondiale prima ancora che sorga il sole, mi mettono di pessimo umore. Arrivato in aeroporto ritrovo i tre porcellini, Argento, Forte e Picchio, in assetto da viaggio. Al check-in ci informano che per entrare negli Stati Uniti dal 1° Aprile si deve compilare una domanda on-line su un sito che si chiama ESTA. Questa notizia di prima mattina mi peggiora l’umore. Le imprecazioni si perdono nella eco del terminal di Fiumicino. Picchio ed io corriamo in cerca di un internet point a gettoni e compiliamo la domanda per tutti e quattro. Riusciamo a salire in tempo sull’aereo per Madrid, un volo che procede senza particolari intoppi. La mente corre ad alcuni anni prima, quando pensavo che Madrid sarebbe stato un buon posto dove mettere su famiglia, quando la mattina incrociavo lo sguardo di due occhi neri. Barajas è sempre grande. Perdiamo venti minuti camminando fino al gate da cui ci si imbarcherà per Miami. Poi ci perquisiscono a fondo. Devo riuscire a levarmi questa espressione da terrorista talebano un giorno o l’altro: non se ne può più di essere perquisito ad ogni occasione. In vista del lungo volo ed incerti sulla qualità del cibo, ci uccidiamo con alcune baguette con jamòn y queso. Il volo per Miami dura circa dieci ore con sei ore di fuso orario. A Miami ci fanno mille controlli e poi ci lasciano uscire dall’aeroporto mentre attendiamo la coincidenza per San Pedro de Sula, in Honduras. Prendiamo un taxi guidato da un tassista cubano di nome Raul e facciamo rotta verso la downtown. La lingua ufficiale non si capisce se sia l’inglese o lo spagnolo. Miami è piena di grattacieli, di spiagge, il mare manda i suo riflessi argentei e lo spirito del consumismo invade i miei tre compagni di viaggio. Invece di vedere la città finiamo in uno shopping center a comprare magliettine ed occhiali da sole. Resta il tempo per una chuleta argentina di fronte al porto turistico. Al ritorno un tassista nero e taciturno, che parla un misto di francese ed inglese, ci riporta all’aeroporto dove andiamo alla nostra porta d’imbarco per il volo che ci porterà a San Pedro de Sula, ridente cittadina dell’Honduras di cui, prima di oggi, ignoravo l’esistenza. Nel duty free prosegue la mia indagine di mercato e compro tutti gli snacks a base di carne essiccata che qui chiamano “jerkey”. Sembrano pezzetti di scarpa vecchia essiccati, tagliati a quadratini e imbustati. A bordo dell’aereo veniamo catapultati nello spirito dell’America Latina. Una hostess di sangue misto con un bel sorriso ed un ragazzo honduregno che vive a Denver, la signora con le borse della spesa cariche di cibo per i suoi parenti, la bimba che piange tra le prime poltrone perché non vuole stare seduta, la grande mama vudù che giace mezza abbioccata e il tramonto sul mare dei Carabi che si intravede dall’oblò di questa aeronave che ha visto anni migliori. Tutto questo ed altro ancora ci fa cambiare aria. Questo volo ci farà guadagnare altre due ore di fuso orario per un totale di otto ore in meno rispetto all’Italia. Due ore dura il volo. Partiamo alle 19 e 15 ed arriviamo alle 19 e 25 ora locale grazie al giochetto dei fusi orari. A Roma sono le tre e mezza del mattino e a San Pedro de Sula sono le sette e mezza di sera. Prevedo un crollo sul letto. Il ragazzo honduregno ci consiglia un hotel in centro che si chiama appunto “Hotel Sula”, per lasciare spazio alla poesia ed alla fantasia. Giungiamo all’albergo con un furgoncino in serata. Il posto è carino, ma la sorpresa sta nel prezzo: 120 U$D a stanza. Le coppie sono fissate: io e Argento andiamo in una stanza, mentre Forte e Picchio vanno nell’altra. Beviamo un paio di birre al bar dell’albergo e Argento chiacchiera con due ragazze locali che stavano allegramente baciandosi lingua in bocca fino a pochi secondi prima. Dalla Grecia antica l’amore di Lesbo ne ha fatta di strada…anche se sembravano “di larghe vedute”. A questo punto siamo affranti dal viaggio e dal fuso orario e andiamo a coricarci per qualche ora in attesa di prendere l’ultimo volo che ci separa dalla nostra prima meta.
Diario Astrale del capitano Carlo: giorno secondo
Alle cinque e un quarto del mattino, ora locale, dopo una colazione pesantissima per i nostri parametri, il taxi della sera prima ci porta all’aeroporto dove ci attende la prima sorpresa della giornata. L’aereo che da San Pedro de Sula ci porterà a Tegucigalpa è un piccolo velivolo con due motori ad elica…Decolliamo con l’aereo che sbatte le ali per staccarsi dal suolo per l’ultimo, breve volo di questo lungo viaggio. Atterriamo a Tegucigalpa con una emozionante discesa a vite e troviamo ad attenderci all’uscita dell’aeroporto la corrispondente della Camera di Commercio Italo Honduregna,
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno terzo.
Il fuso orario sballato ci sveglia prestissimo. Facciamo colazione all’Hotel. Io e Claudio andiamo con un aiutante di Richard in un centro commerciale per comprare un paio di calzoni corti e lo sciroppo per la mia tosse che si fa sempre più intensa. Nel frattempo mi si è infiammata la congiuntiva dell’occhio sinistro. Andiamo a mangiare un boccone da Gino’s prima di andare alla fiera. Vado in camera per indossare la giacca e la cravatta con un paio di calzoni di lino per stare fresco, visto che la temperatura è alta e l’aria condizionata verrà accesa solo nel primo pomeriggio. La fiera inizia. Nella mattinata è arrivato Marlon, lo spedizioniere della Costa Rica. Tipo simpatico, alla mano con una faccia da gran paraculo. Prepariamo la degustazione dei formaggi, vini, salumi olio, pizza ed olive. L’effetto è quello del miele e le api. Lo stand diventa il principale punto di attrazione della fiera. Nel corso del pomeriggio arriva il neo ambasciatore italiano a trovarci e a vedere l’esposizione. Di origine toscana, brizzolato, rilassato, ma ancora incapace di parlare spagnolo. In serata è prevista una presentazione ufficiale con cerimonia di apertura della manifestazione. Mi chiedono di rappresentare gli imprenditori italiani al tavolo principale con il ministro dell’industria, un paio di deputati, alcuni rappresentanti delle varie camere di commercio bilaterali dei vari paesi del centroamerica, oltre al nostro ambasciatore. Finita la cerimonia accompagno il ministro, un deputato e l’ambasciatore al nostro stand ad assaggiare i nostri prodotti. E qui il gusto italiano fa la sua porca figura. Regalo una bottiglia di olio all’Ambasciatore ed al Ministro, poi comincio a chiacchierare con il Ministro per guadagnarmi la sua simpatia , il biglietto da visita e il suo appoggio in caso dovessimo avere problemi con il progetto di import-export che abbiamo in mente. E’ interessante vedere l’impegno che pone questo politico del centro america per dimostrare che vuole davvero fare qualcosa per il suo paese. Dopo il colpo di stato ordinato dalla Corte Suprema, il passato 20 Giugno 2009, l’ONU riconosce ancora il Presidente destituito, Zelaya, come unico presidente legittimo del paese, disconoscendo la recente elezione di Lobo, del cui governo fa parte il ministro con cui sto chiacchierando. D’un tratto la sala si illumina di flash e telecamere ed arriva una giornalista bellissima che prende ad intervistare il Ministro mentre io la squadro ammirandone le fattezze: valeva la pena visitare l’Honduras solo per poterla vedere! Segue una doccia e andiamo in un locale vicino all’Hotel, il Bull Bar, per mangiare qualcosa. Troviamo alcuni ragazzi locali che avevamo conosciuto alla fiera. La musica è assordante e di pessima qualità, il cibo fa schifo e, come non bastasse, sono stanchissimo. Un tizio cerca di attaccarmi bottone con discorsi del tipo “come va l’economia in Italia?”. Viene immediatamente silurato. Torno in albergo da solo e crollo sul letto.
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno quarto.
Argento e Picchio sono in piscina a prendere il sole. Io vado con Claudio, accompagnato da Luigi, il cameriere di Gino’s, dal medico per via del mio occhio che non vuole migliorare. Andiamo a La casa de Cura del Carmen, dove un medico mi visita con cura e mi diagnostica una congiuntivite dovuta ad infiammazione diffusa dei bronchi…in pratica i canali lacrimali si sono otturati. Costo della visita 15$. Costo delle medicine 100$!!! Luigi mi spiega che “es por eso que la gente se muere”, perché i medicinali costano troppo e chi non se li può permettere è spacciato. Torniamo in hotel e Claudio si unisce agli altri in piscina, mentre io vado a “farmi” le medicine. Ai tre si è unito anche Marlon, commentando il colore rosso gamberone che hanno assunto. Pranziamo all’Hotel e ci prepariamo per la fiera. E’ prevista una serata dal titolo “Momentos Romanos”, quindi a metà pomeriggio cominciamo ad allestire i vassoi con le olive disposte a piramide, i formaggi a spicchi artistici, la porchetta a cubetti avanguardisti e l’olio di oliva accompagnato dalla pizza croccantina. Arriviamo alla piscina dove ci attendono tavoli imbanditi all’aria aperta. Una pioggia tropicale, tanto improvvisa quanto impetuosa, ci sorprende e siamo costretti a rifugiarci all’interno. Grande successo del cibo italiano che abbiamo portato. Peccato che fosse accompagnato da una pizza schifosa “made in Honduras” e da una pasta scotta, sempre “made in Honduras”, preparate dallo chef dell’hotel che, evidentemente, non aveva grande dimestichezza con la nostra cucina. Arrivano i fratelli Orellana, conosciuti in una fiera a Barcelona. Orellana…questo nome evoca leggende di avventurieri, ed oro. Dopo aver conquistato il Perù al seguito di Pizarro, Francisco de Orellana si spinse nell’interno, scoprendo il Rio de las Amazonas, cui diede il nome, poiché venne attaccato da donne indigene combattenti, come le figure mitologiche. Si lanciò alla ricerca della mitica El Dorado….e morì di malaria. Tutti noi oggi conosciamo le sue scoperte. La storia lo ha reso immortale, tanto che oggi sentendo il cognome di questi due imprenditori di San Pedro de Sula penso ad El Dorado. Sembrano davvero delle brave persone. Prendo a chiacchierare con l’Ambasciatore che mi intrattiene con un’interessantissima relazione sulla storia delle monarchie europee….Vado a cambiarmi perché la serata prosegue in discoteca. Io, Argento, Forte, Picchio, Marlon, Elizabeth e Giselle andiamo al “Rio” accompagnati da un simpatico espositore della Costa Rica di nome Julio. Sono stanco e la musica fa davvero schifo, così non mi diverto più di tanto e finisco per accasciarmi su un divano. Torniamo in hotel verso le due e di nuovo mi tuffo nel letto a pelle di leopardo.
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno quinto.
Ultimo giorno di fiera. Ci svegliamo troppo tardi per fare colazione ed iniziamo subito a lavorare dietro il bancone dello stand che oggi comincia di mattina per finire al pomeriggio. Pranziamo al ristorante dell’hotel dove scopriamo che Natalia, la rappresentante della Camera di Commercio Italo Costariquena è stata molto male nella notte per via di un brutto attacco di asma. Verso la fine della fiera cominciamo a vendere un po’ di prodotti avanzati, poi tutti a prepararsi per la serata. Il programma prevede una cena al “Patio” con alcuni di quelli della fiera e discoteca a seguire. A cena procede tutto bene e ci uccidiamo con la carne alla brace e i tacos al formaggio con frijoles. Una ragazza, che lavora come ingegnere elettrico nella nazionale società elettrica, mi guarda con fare ammiccante. Denti rifatti, tette rifatte, unghie rifatte, un sacco di soldi rispetto alla media nazionale e un attrazione particolare verso gli uomini europei e nordamericani. Due parole di incoraggiamento, un paio di battute taglienti e andiamo via in macchina insieme verso la discoteca “Rio”. Stesso posto della sera prima. Stasera però la musica è molto migliore e con noi c’è la ragazza che faceva pubblicità alla birra “Salva Vida”, di proprietà di un noto gruppo Sudafricano. Molto carina, bellissimo sedere e una mente interessante. Di umili origini, ha già appurato che la sua bellezza è lo strumento con cui potrà ottenere quello che la vita non le ha dato. Abilissima a farsi guardare dagli uomini e a tenerli in pugno giocando con le loro insicurezze ed i loro desideri. Essendo stato vittima più volte del fascino di questo tipo di donne, scopro subito il suo gioco, ma mi piace guardare il comportamento del gruppo nei suoi confronti, il ballo di sguardi di una giovane professionista della seduzione. Stasera la musica è bella e non sono stanco, la compagnia è divertente e animata. L’ingegnere mi balla sempre più vicino…Beviamo ron e cola mentre balliamo techno, merengue, reggae, salsa, house e tutta la musica che il DJ ha nella sua raccolta. Ci sono alcol, sesso, musica e vita che animano questa serata. Tutti con il bicchiere in mano a ballare con una ragazza…Esco con l’ingegnere a prendere una boccata d’aria. Bellissima serata.
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno sesto.
Prepariamo le valige e andiamo a lasciarle all’aeroporto. Richard ci mostra cosa significa conoscere gente in questo paese ed essere riconosciuto come parte della classe alta. In 30 minuti abbiamo fatto tutto quanto saltando tutta la coda. Partiamo in macchina verso la casa di Letizia, che compie gli anni e vuole salutarci. Io, Forte ed Argento ci mettiamo ai fuochi a preparare carbonara e amatriciana. Marlon è partito stamane per il Salvador, Come sempre grande successo della cucina italiana. Verso le tre e mezza andiamo all’aeroporto. Alle 16 e 30 ci imbarchiamo e salutiamo Richard con al promessa di collaborare. L’aereo fa scalo a Salvador, dove troviamo Marlon che deve cambiare aereo per tornare in Costarica. Facciamo merenda insieme e, dopo i calorosi saluti al nostro nuovo amico, saliamo a bordo dell’aereo della TACA che ci porterà a Panama City. Il volo procede tranquillo sino a Panama. Riempiamo i soliti moduli doganali di ingresso ad un nuovo paese. Per ora abbiamo fatto Roma, Madrid, Miami, San Pedro de Sula, Tegucigalpa, Salvador, Panama City. Sette città, sei paesi, tre fusi orari. Sono un po’ frastornato, ma mi sento vivo. Ho inseguito questo lavoro come un sogno ed ora lo sto realizzando, Alla dogana dell’aeroporto di Panama mi fanno mille domande: chi sono, che faccio qui, dove vado, quando lascio il paese, che lavoro faccio…Segue un litigio con un tassista disonesto che per 40 $ ci porta all’albergo che ci ha riservato l’amico di Forte e Picchio. Il trasferimento in auto ci permette di osservare la città di notte. E’strano vedere il mare, i grattacieli all’americana ed il cielo stellato tutti insieme. Ho perso l’abitudine di vedere le stelle nelle città. “ E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Arrivati all’albergo ci attende una spiacevole sorpresa: il posto è un tugurio con stanze minuscole e sporche con il condizionatore rotto, cosa terribile se ci sono 36° C e il 90% di umidità. Cerchiamo di sopravvivere per la notte con la promessa di cambiare hotel all’indomani.
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno settimo.
Facciamo amicizia con un taxista che ci aiuta a cercare un hotel decente. La nostra ricerca ci conduce in un quartiere che si chiama “el cangrejo”, e l’albergo che troviamo è il “Marbella”. Il tempo di posare le valige e corriamo all’appuntamento con l’ambasciatore. Veniamo accolti con un caffè espresso di cui sentivamo la mancanza ed inizio a spiegare perché siamo a Panama e cosa vorremmo fare. L’ambasciatore è estremamente disponibile e cortese e ci aiuta ad organizzare una degustazione dei nostri prodotti per lo stesso Venerdì. Lasciamo l’ambasciata per andare a trovare un distributore di origine italiana, Don Vincenzo. Ha lasciato
Diario Astrale del Capitano Carlo: giorno ottavo.
Ci svegliamo di prima mattina e ci troviamo con Felicetta che è venuta a prenderci per portarci al magazzino dove è stata scaricata la merce. Ci riceve Pepe nel suo ufficio e ci porta a vedere la sua azienda ed il negozio all’ingrosso annesso e infine in cella frigorifera a controllare la nostra merce. Durante la visita conosciamo il padre di Pepe, Lazaro, che, a ottantadue anni, ancora sta in azienda a lavorare e non ne vuole sapere di stare a casa. Di origine allega ha passato la vita a costruire l’azienda. Chiacchieriamo della Galicia, dei mariscos e di quando ho visitato Santiago viaggiando in autostop partendo da Bilbao. Li invitiamo Venerdì alla degustazione. Arriva il nostro taxista di fiducia, Mariano, ed andiamo alla Sociedad Italiana de Beneficiencia, dove si terrà la degustazione, per preparare l’evento. E’ divertente come i panamensi non usino i nome delle strade ed i numeri civici, ma “descrivano” l’indirizzo. Andiamo a
Diario astrale del Capitano Carlo: giorno nono.
Noleggiamo una macchina e ci dirigiamo in ambasciata dove facciamo il punto della situazione. L’Ambasciatore ha invitato circa trenta importatori e distributori alla serata di Venerdì. Forse verrà anche il Presidente della Repubblica di Panama. Finito l’incontro partiamo in auto ala volta di Las Tablas dove dobbiamo incontrare il direttore di un macello. Dormo per tutto il viaggio, salvo una pausa al Mac Donald per tappare la fame. Fa sempre molto caldo, ma l’umidità è diminuita Il proprietario del macello i informa che il suo è il più grosso stabilimento di tutto il paese ed ha due sedi operative dove macellano in tutto circa dodicimila vacche al mese. Ci fissa un appuntamento a Panama city con il responsabile export, per le informazioni sulle certificazioni ed i volumi necessari. Facciamo un giro con un amico di Picchio e Forte a visitare i loro investimenti terrieri in zona. Alla sera ceniamo in una bettola sul mare che ha un cameriere rincoglionito, ma il pesce è freschissimo è squisito. Argento si addormenta sulla sedia alla fine della cena…
Diario astrale del Capitano Carlo: giorno decimo.
1 commento:
Molto carino questo blog
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