Successe nel periodo di passaggio delle generazioni, quando non si sa bene perché, ma tutto cambia o sta per cambiare e nessuno sa più quello che vuole. C’erano governi instabili al potere, una facciata di simpatica unione e fratellanza nella comunità europea che celava scheletri protezionisti pronti a saltare fuori dagli armadi di tutti i paesi nel caso la situazione sfuggisse di mano. Come successe di preciso non lo ricordo. Ciò di cui sono certo è che da lì in poi nulla fu più uguale a prima. Stava finendo dopo tanto tempo l’epoca delle idealizzazioni in cui ogni amore vorremmo durasse per tutta la vita ed ogni sogno valesse più di un istante. Fatto sta che ai primi di agosto partii per il mio primo vero viaggio di avventura. Un giro in Grecia in solitaria con la mia vespa. Finalmente davo respiro al gentiluomo di fortuna “fun and dandy” che giaceva sepolto ed inespresso dentro di me. Ci sono uomini che possono vivere tutta la vita all’interno del proprio quartiere, altri che viaggiano con la mente dentro i loro libri (ne conobbi uno di questo tipo sull’appennino tosco emiliano tempo fa, ma è un’altra storia) e quelli che per vivere devono viaggiare e conoscere nuove cose vedendole con i propri occhi. Io credo di appartenere all’ultima categoria se ho ben capito la natura del mio animo. Ognuno di noi poi nel viaggiare rispecchia qualcosa di se stesso. C’è chi viaggia in aereo, chi a piedi, chi in treno, chi in bicicletta; c’è chi dorme in tenda in un bosco o su una spiaggia, chi cerca il grande hotel e chi il piccolo ostello. Ci sono anche alcuni vecchi lupi di mare che sono felici solo nella solitudine delle loro onde nella comodità della loro cuccetta incassata sotto l’albero di maestra. Io faccio parte di quelli che viaggiano come capita e dormono dove trovano, mangiano quando possono e devono sempre avere un bagno pulito per cagare la mattina (è il mio unico vizio: colazione con sigaretta e giornale e poi defecazione liberatoria per affrontare la giornata). Ma è una cosa di cui ho fatto a meno assai spesso. Il mezzo del mio viaggio è la vespa. Ci trafficavo da piccolo, le compravo e vendevo a sedici anni e ci sono sopra adesso. Mia nonna girava con una faro basso del 1951 targata Parma prima che il nonno si decidesse a comprare il “cinquino”. Il mio px 150 arcobaleno aveva affrontato mille avventure cittadine prima di finire nelle mie mani di moto turista assetato di strada. Compro un po’ di cavi e guaine, un paio di gomme nuove, il portapacchi anteriore, qualche chiave a bussola e via, si parte con tenda e sacco a pelo legati alla meglio.Sabato 7/8/2004 Roma km 22.413 Mi sveglio un po’ teso,come sempre prima di un viaggio. Controllo nuovamente tutto il bagaglio, doccia e poi scendo a caricare la mia vespa. Quando la mia roba è ben assicurata sui portapacchi di Domitilla, la accendo e resto per qualche istante ad ascoltare quel leggero borbottio che mi accompagnerà per tutto il viaggio. Salgo in sella e vado a fare colazione nel solito baretto, come fosse un giorno qualunque. Finita la colazione sono pronto a partire. Imbocco la Flaminia da Roma mantenendo una velocità moderata. È la prima volta che devo fare il rodaggio a un motore durante un viaggio. Dopo poco la strada comincia a salire e la città scompare lentamente alle mie spalle lasciando spazio alla campagna romana. Il sole scompare e il freddo e l’umidità la fanno da padroni. Una nebbiolina avvolge il paesaggio facendo presagire cattivo tempo e forse pioggia. Ho freddo e vorrei fermarmi a mettere un maglione tra la giacca e la maglietta. Decido di resistere lanciando il mio famoso “congiuro della resistenza”. Questa è una tecnica scaramantica di comprovata efficacia; consiste nel resistere al freddo ed al desiderio di fermarsi nella convinzione che questo comportamento attiri il bel tempo. Continuo a trottare lungo la ss3 e pochi km dopo, per magia, il sole appare e non mi lascerà per tutto il viaggio fino ad Ancona. Attraverso Narni, Terni, Spoleto, Foligno e la vespa non da segni di cedimento. Decido allora di aumentare un po’ il passo. Domitilla segue il movimento della mia mano sull’accelleratore senza esitare salendo di velocità- arriviamo verso mezzogiorno nei pressi di un ameno boschetto attraversato da un torrentello e vicino lego un’indicazione: “Grotte di Frasassi”. Mi addentro un poco lungo la via nel boschetto sino a fermarmi in uno slargo all’ombra di un faggio. Lascio riposare Domitilla per una mezz’ora, mentre mangio un panino e bevo qualche sorso d’acqua, breve telefonata all’amico vespista e si riparte. Dopo un’oretta arrivo ad ancona e mi dirigo al porto degli imbarchi. Questi inizieranno solo verso le tre del pomeriggio, quindi visito la città e mangio qualche albicocca. Verso le quattro e un quarto infine, mi imbarco sulla possente nave della “Minoas Ferries” che mi porterà domattina ad Igoumenitsa. Incontro vari vespisti vicino alla nave e scambio qualche chiacchiera. Solo una cosa mi preoccupa:il cavo dell’acceleratore lavora male nella guaina. Per fortuna ne ho uno di ricambio, ma inutile fasciarsi la testa prima che sia rotta. Domenica 8/8/2004 Igoumenitsa Km 22.718 Dopo avere trascorso la notte dormendo a tratti nel sacco a pelo sul ponte inferiore della nave, tra tori turchi e puttane bulgare oltre a felici coppiette italiane e aspri centauri crucchi, decido di alzarmi per osservare l’alba sul mare dalla murata del traghetto. Vedo delle montagne verso est, la cosata forse non ancora della Grecia, ma, più probabilmente, dell’Albania. Il sole sta facendo lentamente capolino dietro quei rilievi tingendo di un rosa tenue che si trasforma in rosa di Thuringia il contorno di quelle creste. Il mare lancia riflessi argentei della luna che scompare e sole che sorge. Tra di essi vedo il volto di qualcuno che non mi abbandona mai, sempre presente in qualche angolo della mia mente. Il traghetto attracca al porto di Igoumenitsa. Fatte le foto ed i saluti agli amici vespisti conosciuti in barca, parto alla volta di Meteora. Strade belle e con un fondo in buone condizioni. Comincia a fare un po’ più fresco quando sono a pochi km da Ioannina, così mi fermo in un tornante per cambiarmi e riorganizzare il carico. È incredibile la quantità di motociclisti che si fermano per chiedere se ho bisogno di aiuto! Viva la fratellanza universale delle due ruote! Parto alla volta di Ioannina. La strada si fa ripida e sale tra curve e tornanti senza fine. Ci sono un sacco di camion, ma si fanno sempre da parte per farsi superare.Vicino alla città c’è un bellissimo lago con tanto di isoletta al centro: da cartolina. Mi fermo a fare qualche foto e noto che nell’acqua ci sono un sacco di mucche che si rinfrescano e brucano le piante acquatiche. Beate loro! Con 40° come si fa a non invidiarle? Domitilla trotta allegra per un po’ poi comincia a calare perché la pendenza cresce. Al ciglio della strada vedo da lontano un figurone alto e vestito di nero con una lunga barba bianca e gli occhiali con una borsa in mano e fa l’autostop. Mi sento cone Agamennone, magnanimo o “megaletoros”, e carico il Pope sul sellino della vespa. Il pretone ortodosso pesa come uno di quei bovini che stanno nell’acqua e c’ha un culo enorme per cui devo accoccarmi sulla punta della sella del px. Mannaggia a me ed alle mie idee strampalate! Mi riduco a viaggiare a 50 km/h ma la vespa non si ferma. Raggiungo il passo di Katara e capisco il perché della velocità ridotta (pretone a parte): il Passo segna quasi 1600 metri sopra il livello del mare! Al passo incontro due coppie di motociclisti di Bologna che ci invitano a pranzare con loro alla stazione sciistica vicina. Segue birra (meritatissima!!!) pasticcio di patate (Mousaka) e salsina di yogurt e cetrioli (tzatziki). Il pretone ovviamente non c’ha una dracma né un euro, quindi offro io, con dovuto sconto dei devoti ristoratori. I pope pare siano noti mangioni a scrocco oltre che forti bevitori: questo almeno è simpatico e parla un po’ d’italiano. Rifocillati e Domitilla riposata, riprendiamo il cammino verso Meteora. D’un tratto ad un lato della strada compaiono montagne dalla forma particolare. Tra le loro cime si nascondono i monasteri che le hanno rese famose, spiega il pretone. Mollo il bovino ortodosso in città e mi accampo in un camping nelle vicinanze. Scatta la doccia fulminea e ristoratrice e la conseguente uscita in vespa alla ricerca di cibo. Appena esco dal camping incontro un autostoppista greco che ha perso l’autobus e mi chiede di rincorrere il pulmann perché sennò il prossimo passa il giorno dopo. Ormai non posso resistere alla tentazione e lo prendo su. Lancio Domitilla alla massima velocità e acchiappiamo il bus con il clacson facendogli cenno di fermarsi per raccattare il povero greco: scena da film. Titolo: assalto alla diligenza! Il greco mi lascia una mela ricordo che mi sgranocchio mentre torno verso la città alla ricerca di cibo vero. In città trovo tutti i supermercati chiusi. Ormai rassegnato a non mangiare, faccio per andare alla vespa quando, magia delle magie, compare il mio amico pretone. Mi invita al monastero a mangiare con gli altri pope. Mi ritrovo nel refettorio del monastero seduto ad un tavolo con venti pretoni caciaroni ed un ragazzo down che serve da mangiare. I pretoni parlano italiano e festeggiano la mia presenza con retsina (vinello bianco di resina locale) e ouzo (una cosa strana, che sa di anice, violentemente alcolica). Verso mezzanotte torno alla tenda completamente ubriaco con un pass per visitare gratis tutti i monasteri dei dintorni. Faccio fatica ad entrare nella mia tenda visto che l’alcol me ne fa vedere tre perfettamente uguali. Solo una è la mia. Ho le braccia ustionate dal sole: coglione! La crema solare! (tot. 270 km in montagna con due autostoppisti) Lun 9/8/2004 Meteora km 22.988 La giornata comincia molto presto perché non sono un campeggiatore esperto. Uno esperto lo riconosci da dove piazza la sua tenda, calcolando la posizione del sole e la direzione del suo riflesso al mattino presto. Morale: mi trovo alle sette del mattino ancora ubriaco in una tenda invasa dal sole cocente senza poter chiudere occhio. Sento profumo di Bialetti e di caffè. Una coppia di Ferrara mi offre il caffè scherzando sui pretoni ed i loro scherzi da prete, visto che ieri sera mi hanno sentito rientrare in tenda…smonto il campo e sono pronto a partire. All’altezza di Trikala incontro un folle americano che sta girando Grecia, Turchia e Macedonia a piedi. Come sempre lo carico sulla vespa. Un tipetto taciturno che non mi piace troppo e che abbandono al primo autogrill appena va in bagno. Sono stato troppo magnanimo ieri: bisogna controbilanciare. Finisco in un anello di montagne, strade saliscendi infestate dai camion carichi di pomodori. Sulle strade si sente un forte odore di mentuccia selvatica. Supero Lamia ed arrivo ad Anfissa dove saranno gli uliveti ad accogliermi e accompagnarmi fino a Delfi. Sono venuto in cerca di oracoli e Pizie, ma prima cerco una taverna. Eccetto un pezzo di involtino al formaggio dalle parti di Trikala, sono a digiuno dalla cena di ieri sera…e sono le due del pomeriggio! Rischio di mangiami la Pizia,l’oracolo e quattro greci se non trovo una taverna. Infine Apollo salva Delfi ed i suoi abitanti servendomi Mousaka e Tzatziki con birra…lo stesso pranzo di ieri. Assaggio il caffè greco; lo lascio riposare perché si depositino i fondi e poi lo bevo. Non male. Lasciare depositare i fondi necessita un po’ di tempo; nel caffè greco vedo molta della cultura ellenica. Una cultura fatta di lentezza, di dare tempo alle cose, di non forzare gli eventi. D’altro canto, essendo tutti paesini, come cavolo gli passa il tempo altrimenti? Comunque è piacevole la sensazione di distacco dalla frenetica vita romana o, peggio, milanese. Qui tutto sembra avere una dimensione rallentata. Il tempo scorre in pacifica armonia con il creato, non è ancora stato eccessivamente ottimizzato dalle necessità del progresso. Terminato il caffè vado in cerca del tempio di Apollo a Delfi e della grotta della Pizia. Arrivo di fronte alle rovine e parcheggio Domitilla. Mi accorgo che la serratura della sella si sta spaccando! Fortuna che avevo con me la mia officina da viaggio. Riparo tutto con filo di ferro e l’immancabile american tap. Mi ricordo, tra l’altro, che avevo quel pezzo di ricambio a casa. Da lì posso estrapolare una legge di massima sui viaggi in moto: se decidi di lasciare a casa un pezzo di ricambio, sarà quello che si romperà e di cui avrai bisogno. Incontro un’allegra famigliola di Genova che mi dice che le rovine sono quattro sassi e il museo fa cagare. Come se non bastasse visitarli costa nove euro! Decido di continuare ad immaginare il tempio ed i suoi magici segreti e mi avvio verso il vicino tempio di Atena dove entro gratis attraverso una pittoresca e panoramica stradella sterrata in mezzo agli ulivi. Mi dirigo verso Itea, un villaggio carinissimo in riva al mare. Il camping è favoloso. Si trova sul mare immerso in un bosco di ulivi. Monto la tenda e organizzo l campo, poi torno al villaggio a visitare il porticciolo e fare provviste. Tornato al campeggio faccio il mio primo bagno nel mare dei greci. E giustamente pesto un riccio! Passato il dolore mi immergo con la maschera, lo snorky e le pinne (erano legati sul portapacchi…) ed ammiro i colorati pesciolini che nuotano sopra una simpatica colonia di ricci di mare pronta a trafiggere i piedi di chiunque voglia farsi un bagno rinfrescante: guardatevi da queste acque! Torno a riva con la faccia in acqua per vedere dove metto i piedi. Ceno e bevo un birra greca ghiacciata. Dopo la doccia voglio ripetere l’esperienza del caffè greco al bar del camping. Musica greca di sottofondo, il canto delle cicale tra gli ulivi, i riflessi del sole morente sul mare….mi sento in pace con li mondo. L’atmosfera mi porta a viaggiare ancora. La mia mente si popola di ricordi di qualcuno che mi sta accompagnando in questo viaggio. Un velo di tristezza e un barlume di tenerezza mi si disegnano sul viso. Immagino che colori assumerebbe il mare, che suono avrebbero le cicale e che profumo avrebbero gli ulivi se fosse qui con me. Sicuramente diversi. Ma bisogna accontentarsi di ciò che si ha, così recita il Sutra, e mettere le cause per un futuro più simile ai nostri sogni. Finisco il caffè e mi preparo per la preghiera della sera. Stregherò la distanza con racconti da sogno e favola aspettando di riferirli in prima persona. È scesa la notte ed il golfo si dipinge delle luci dei caffè notturni sul lungo mare e dei riflessi della luna greca, Selene. Si avvicina il guardiano notturno del campeggio a fare due chiacchiere. Albanese e simpatico. Poi facciamo amicizia con quattro ragazze francesi che passano il tempo a ridere e fare battutine proprie del gioco dell’amore. Il guardiano albanese si allontana con una di queste verso il bosco di ulivi e io resto solo con un’altra a parlare…poi il dio greco dei sogni, Morfeo, ci abbraccia dolcemente e popola le nostre notti di ninfe e semidei, di ambrosia divina e del canto delle lire. Dormiamo sulla spiaggia.(km 292 tra montagne ed ulivi con autostoppista americano e ragazza francese)