C’era una volta, in una casetta nascosta in mezzo alle montagne, in una valle attraversata da un fiume e costellata di castelli, un bambina molto speciale.
Aveva i capelli biondo cenere e gli occhi verdi con un taglio strano, simile a quelli di un cerbiatto.
I genitori della bambina venivano dalla grande città, ma avevano abbandonato tutto per poter vivere la vita con dei ritmi antichi e fare crescere la loro bambina in modo sano, tra i boschi e le montagne.
La piccola passava le giornate in giro per i boschi e alla sera, quando tornava a casa, raccontava storie fantastiche, di gnomi e folletti, lepriacani e fate.
Tutto il giorno a rincorrere farfalle e poi a ballare con la gente del piccolo popolo del bosco ed il suo gatto che la seguiva dappertutto.
Un giorno, mentre passeggiava con il suo papà e la sua mamma, vide un folletto e lo rincorse per fargli conoscere i suoi genitori.
La bimba non riuscì a prendere il folletto e i suoi genitori non lo conobbero mai.
In realtà lei sospettava che i grandi non potessero vedere gli abitanti segreti del bosco, finché si rese conto che solo lei poteva.
Lei, l’unica bimba di tutto il bosco.
Un giorno si avvicinò al suo papà e gli chiese: “Papà, ma perché io posso vedere i folletti e voi no?”
Il suo papà la prese in braccio con fare molto serio e le disse: “Sofia, solo tu puoi vedere il piccolo popolo, questa valle e questo fiume, perché in realtà non esisti. Sei solo un sogno. Sei una bimba in potenza ed un sogno in atto, come direbbe un vecchio greco. Sei frutto della mia immaginazione. In realtà vivo in una città, appena posso scappo nei boschi a cercare le tracce del piccolo popolo che ho perso quando sono cresciuto ed ora sto dormendo nel mio lettino, cercando di ignorare i rumori della strada, dimenticando la solitudine e l’amarezza dei miei errori, mi consolo con il tuo sogno, con quello della tua mamma, della valle nascosta e del piccolo popolo. Appena mi sveglierò non esisterai più. La sera quando tornerò a dormire, giocheremo ancora e mi racconterai le tue storie di gnomi e di fate, di lepriacani e folletti”
“Papà, ma sei sicuro che mi sognerai ancora?”
“Sofia, sono otto mesi che ti sogno ai cinque angoli del mondo e continuerò a sognarti ancora a lungo”
A quel punto la bimba di dissolse in un battito di ciglia ed uno sbadiglio e l’uomo seppe che avrebbe dovuto affrontare il nuovo giorno, in quella vita così lontana dal suo sogno.
I primi rumori che ascoltò gli rovinarono la giornata, il letto vuoto lo fece sentire solo e gli odori della strada lo lasciarono perduto.
Aveva i capelli biondo cenere e gli occhi verdi con un taglio strano, simile a quelli di un cerbiatto.
I genitori della bambina venivano dalla grande città, ma avevano abbandonato tutto per poter vivere la vita con dei ritmi antichi e fare crescere la loro bambina in modo sano, tra i boschi e le montagne.
La piccola passava le giornate in giro per i boschi e alla sera, quando tornava a casa, raccontava storie fantastiche, di gnomi e folletti, lepriacani e fate.
Tutto il giorno a rincorrere farfalle e poi a ballare con la gente del piccolo popolo del bosco ed il suo gatto che la seguiva dappertutto.
Un giorno, mentre passeggiava con il suo papà e la sua mamma, vide un folletto e lo rincorse per fargli conoscere i suoi genitori.
La bimba non riuscì a prendere il folletto e i suoi genitori non lo conobbero mai.
In realtà lei sospettava che i grandi non potessero vedere gli abitanti segreti del bosco, finché si rese conto che solo lei poteva.
Lei, l’unica bimba di tutto il bosco.
Un giorno si avvicinò al suo papà e gli chiese: “Papà, ma perché io posso vedere i folletti e voi no?”
Il suo papà la prese in braccio con fare molto serio e le disse: “Sofia, solo tu puoi vedere il piccolo popolo, questa valle e questo fiume, perché in realtà non esisti. Sei solo un sogno. Sei una bimba in potenza ed un sogno in atto, come direbbe un vecchio greco. Sei frutto della mia immaginazione. In realtà vivo in una città, appena posso scappo nei boschi a cercare le tracce del piccolo popolo che ho perso quando sono cresciuto ed ora sto dormendo nel mio lettino, cercando di ignorare i rumori della strada, dimenticando la solitudine e l’amarezza dei miei errori, mi consolo con il tuo sogno, con quello della tua mamma, della valle nascosta e del piccolo popolo. Appena mi sveglierò non esisterai più. La sera quando tornerò a dormire, giocheremo ancora e mi racconterai le tue storie di gnomi e di fate, di lepriacani e folletti”
“Papà, ma sei sicuro che mi sognerai ancora?”
“Sofia, sono otto mesi che ti sogno ai cinque angoli del mondo e continuerò a sognarti ancora a lungo”
A quel punto la bimba di dissolse in un battito di ciglia ed uno sbadiglio e l’uomo seppe che avrebbe dovuto affrontare il nuovo giorno, in quella vita così lontana dal suo sogno.
I primi rumori che ascoltò gli rovinarono la giornata, il letto vuoto lo fece sentire solo e gli odori della strada lo lasciarono perduto.
E passò la giornata sognando di tornare a dormire, di ascoltare le storie della piccola Sofia.
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