domenica 4 marzo 2007

Storia dell'orecchino d'argento

"La vita è come un libro, se non viaggi ne sfogli una pagina sola" Sant'Agostino
l'ho trovata in un vecchio libro di scuola...molto carina...quasi quasi mi viene vglia di scrivere una storia...ma perchè no...allora, vediamo...c'era una volta....no, così no....

Storia dell’orecchino d’argento

Si chiamava Angelo e durante la guerra aveva fatto il tamburino.
Poi, morte tutte le idee che avevano portato ad uccidere, morti i suoi compagni ed i suoi nemici, se ne era andato.
Non aveva detto dove o perché.
Semplicemente se ne era andato con le paghe di soldato, la sua parte di bottino ed una cicatrice che dalla tempia sinistra gli attraversava la guancia.
Aveva girovagato per le terre che avevano conquistato ed anche per quelle che avevano perduto e poi, un giorno, giunse al mare.
Per lui che era nato tra le luci di una città ed aveva combattuto sotto le luci dei cannoni, le luci del sole riflesse nelle onde erano qualcosa di nuovo.
Aveva visto quelle luci negli occhi di sua madre prima di andare in guerra.
Le aveva viste scomparire negli sguardi dei soldati feriti a morte.
Soprattutto le incontrava nell’orecchino d’argento che portava appeso al lobo sinistro.
Era un ricordo della città, della sua vita di bambino di quartiere con lo sguardo che si ferma sempre contro un muro, sentendosi al sicuro.
Nessuno l’aveva preparato alla vista dell’orizzonte sul mare.
E così spese i suoi soldi e si comprò una barca a vela.
Incontrò un gatto blu e gli propose di seguirlo.
Il gatto si sedette sul ponte di prua e, ogni volta che arrivavano ad un nuovo porto, miagolava forte, come per gridare -Terra!Terra!-
Però non scendeva mai.
Neppure Angelo voleva lasciare la barca, se poteva evitarlo.
Un giorno sentì il suono di un clarinetto in un porto dalle acque tristi e ghiacciate.
Scese a terra il tempo necessario per appropriarsi dello strumento e quando furono in mare aperto gli ordinò -Suona!-
Ma il clarinetto rimase in silenzio fino al tramonto.
Vennero il crepuscolo e l’imbrunire.
Infine fu notte.
Alle luci del giorno che nasceva Angelo chiese -Suona, per favore.-
E senza dare spiegazioni quello intonò una musica silenziosa.
Non era veloce, non era lenta; forse neppure era musica.
Ma le note passavano tutte attraverso il cerchio dell’orecchino d’argento.
E così fu ogni giorno ad ogni alba, per molti giorni e per molte albe.
Il viso di Angelo si coprì di onde e il capelli divennero del colore della spuma del mare.
Il gatto divenne azzurro chiaro e la barca invecchiava con i suoi marinai.
L’orecchino splendeva ancora come quando Angelo era un bambino, come aveva fatto durante le battaglie e sotto i fulmini delle tempeste in mare aperto.
Erano passate tante nuvole tra la barca e le stelle.
Angelo le aveva viste tutte, sia quelle enormi a forma di elefante che quelle bizzarre a guisa di scimitarra, sia quelle nere come l’inchiostro che quelle timide e trasparenti che dovevi stare attento per vederle.
Angelo aveva visto il mare, la guerra, la città, le nuvole, le luci e la morte.
Ma un giorno, nelle squame di un pesce tropicale, vide se stesso riflesso.
Capì che aveva trovato ciò che aveva perso tanti anni prima con i muri del suo quartiere ed il buco nel lobo dell’orecchio sinistro.
Quindi salì in gabbia con le vele ammainate ed il timone bloccato e si addormentò.
La barca, cullata dalle onde e dal vento, navigò per molti mari ed il gatto non miagolò per parecchio tempo.
Quando Angelo si svegliò la barca era approdata sulle nuvole ed il gatto lo aveva avvertito destandolo.
L’orecchino era opaco ed ogni mattina il clarinetto cantava.
Qualche volta, quando le nuvole sono invisibili, la sua musica arriva fino ai naviganti, sul mare.
Quando sentono questo suono i marinai si ricordano della guerra, delle madri che hanno lasciato, delle città da cui sono scappati e pensano ad una ragazza con i capelli rossi affacciata al “Brazen Head” di Dublino che aspetta una nave che non arriva mai.
E si addormentano protetti da cerchi concentrici di musica malinconica.

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