nel quartiere giapponese in un giorno lavorativo ho comperato un maki da mangiucchiare mentre andavo a spasso per le strade indaffarate dei giapponesi cbhe lavorano 24 ore al giorno.
mi sono assorto sul ponte che attraversa la tangenziale tra i colori grigi del cielo dall'avvenire incerto e le miriadi di automobili che passavano sotto di me.
la cornice erano le lanterne rosse giapponesi appese ai lampioni sopra le strade del quartiere del sole nascente.
in tutto ciò ero contento di essere in brasile, di avere incontrato oggi il primo possibile distributore brasiliano per i prodotti dell'azienda.
stavo programmando di andare con i genovesi a cercare casa in zone dove costasse meno pur essendo vicino al lavoro.
in tutto ciò ho visto sotto il ponte un punto scuro nell'erba.
i miei occhi hanno lentamente messo a fuoco quell'immagine lontana, quel puntolino nel verde.
erano due bimbi di 8-10 anni vestiti di stracci, scalzi che camminavano lungo la via da soli andando verso non so dove.
ho pensato a come ero io alla loro età...un bambino difficile, con i suoi problemi, ma di certo non mi mancava nulla per vivere. avevo la mia casa, la mia mamma, ogni tanto vedevo anche mio padre, avevo un pasto ogni volta che mi andava e ricevevo un'istruzione che mi avrebbe portato fino a qui, in brasile.
quei due marmocchi non avevano nulla.
o quasi nulla.
erano bambini e questo è già qualcosa.
la tristezza, complice forse il colore del cielo, mi ha avvolto.
ora la bella città brasiliana mi sembrava meno bella, il cielo più grigio e le lanterne giapponesi avevano perso lucentezza.
mi si era presentata in tutta la sua portata la parte di sampa che sapevo benissimo esistere, ma che non avevo mai visto con i miei occhi.
io lavoro sull'avenida paulista, in mezo ai ricchi con i loro abiti italiani cuciti amano e le scarpe in pelle di cammello, le loro mastercard, visa e american express e quei due microbi invece erano soli con il fatto di esser bimbi con le pezze al culo, come direbbero nella città eterna.
non so.
faccio parte di un altro mondo che guarda verso quello come un americano guardava E.T.
mefistofele sguazza e firma contratti ogni giorno da entrambe le parti, spargendo il sangue di tutti per i suoi fini.
forse esiste il modo di ingannare il demonio.
forse tutti possiamo vivere bene e qualcuno meglio.
forse, come dice silvia burkinabè nel suo blog, esiste una terza via.
ma allora cerchiamola!
addestriamo un cane da fiuto perchè la trovi, ammaestriamo i giganti perchè non facciano più male e mettiamo pergamene nella bocca del golem perchè risolva tutti i probelmi del mondo oppure strofiniamo la lampada ed esprimiamo questo desiderio.
forse esiste un modo non magico per risolvere tutto.
forse basterebbe che lo volessimo davvero tutti.
ma chi vuole rinunciare alla sua ferrari ed al suo completo di armani per sfamare e fare studiare quei due ragazzini?
in tutta la paulista credo nessuno.
ed io??
rinuncerei a molto per dare loro qualcosa?